Archivio | giugno, 2017

Il mare mette in contatto popoli diversi. Anche senza che questi lo vogliano.

29 Giu

Il mare rappresenta la più importante via di comunicazione. Attraverso il mare circolano idee, cose, usi, persone.

All’alba del 20 giugno 1783 una barca di pescatori genovesi si stava avvicinando alla baia di Corte, località che oggi è un quartiere del Comune di Santa Margherita Ligure.

All’improvviso un marinaio vide galleggiare una figura.

La raggiunsero e la issarono sulla barca.

Si trattava di una statua della Madonna che stringeva al cuore il Bambino Gesù e in mano teneva una lettera.

Giunti a terra, la nascosero sul fondo della barca.

I ragazzini che giocavano sulla spiaggia corsero a curiosare su quella barca e quando videro quello che i marinai avevano cercato di nascondere cominciarono a gridare: “La Madonna è venuta a Corte”.

Richiamati da quelle grida accorsero tutti e i cortesi, aiutati dal loro parroco, s’accordarono con i pescatori genovesi per poter tenere quella statua.

Successivamente si venne a sapere che quella statua era caduta in mare a Messina in seguito al terremoto che nella notte tra il 5 e il 6 febbraio 1783 aveva sconvolto la Calabria e la città siciliana sullo Stretto.

Si racconta che quella statua era giunta nella baia di Corte spinta dalla corrente del mare.

Da quel giorno la Madonna della Lettera è la Regina della parrocchia di San Giacomo di Corte di Santa Margherita Ligure.

Qual è l’origine di quel nome (Madonna della Lettera)?

Secondo la tradizione, San Paolo, giunto a Messina per predicare il Vangelo, trovò la popolazione ben disposta a lasciarsi convertire: ben presto molti cittadini si convertirono al Cristianesimo e nel 42, quando Paolo si accingeva a tornare in Palestina, alcuni messinesi chiesero di accompagnarlo per poter conoscere la Madonna.

Una delegazione di messinesi si recò così in Palestina con una missiva, nella quale i concittadini convertiti al Cristianesimo professavano la loro fede e chiedevano la protezione di Maria.

Maria li accolse e, in risposta alla richiesta dei messinesi, inviò indietro una sua lettera, scritta in ebraico, arrotolata e legata con una ciocca dei suoi capelli.

La delegazione tornò a Messina l’8 settembre del 42 recando con sé l’importante lettera, nella quale Maria lodava la loro fede, diceva di gradire la loro devozione ed assicurava loro la sua perpetua protezione.

La protezione è sintetizzata nella frase Vos et ipsam Civitatem benedicimus, scritta a caratteri cubitali alla base della stele della Madonna che si trova sul braccio estremo del porto di Messina, ben visibile a chi giunge in Sicilia attraversando lo Stretto.

Il culto della Madonna della Lettera, comunque, si affermò solo nel 1716, anno in cui il monaco Gregorio Arena portò a Messina una traduzione dall’arabo della lettera di Maria.

A Castellaro, piccolo Comune dell’entroterra della provincia di Imperia, si trova il Santuario di Nostra Signora di Lampedusa.

Cos’è che lega Castellaro e Lampedusa, località tra loro così distanti?

Anche in questo caso, come in quello della Madonna della Lettera, si tratta del mare.

La storia del Santuario di Castellaro è legata alla figura di Andrea Anfossi, un abitante del piccolo Comune ligure.

Secondo una leggenda, nel 1561 fu fatto prigioniero da alcuni pirati turchi, mentre dava loro la caccia in mare.

La nave turca sulla quale fu caricato fece scalo nell’isola di Lampedusa.

Per rifornire di legname la nave, Andrea Anfossi fu mandato nei boschi dell’isola (fino a metà ottocento Lampedusa era un’isola piena di alberi, soprattutto pini di Aleppo) e lì, secondo la leggenda, in mezzo ad un’abbagliante luce, trovò in una nicchia una tela raffigurante la Vergine Maria, Gesù Bambino e Santa Caterina d’Alessandria.

Avuta l’idea di fuggire dall’isola e tornare libero nella sua terra, Andrea Anfossi ricavò da un tronco un’imbarcazione di fortuna e usò quella tela come vela.

Spinto dalla corrente, giunse sulle coste liguri, nei pressi di Arma di Taggia, e poté quindi far ritorno nella sua Castellaro (era il 1602).

Qui fece voto di erigere un santuario, per ringraziare la Madonna della felice conclusione di quell’avventuroso viaggio.

Al di là della veridicità di questi episodi, resta il fatto che il Mar Mediterraneo è, da sempre, una “strada” che mette in comunicazione i popoli che vi si affacciano.

E questo, si badi bene, indipendentemente dalla volontà di quegli stessi popoli.

A comandare sono i venti, le correnti, elementi indifferenti alla volontà degli esseri umani, semplici spettatori.

Paradiso e inferno esistono per davvero. Ma nella vita terrena, non in quella immaginaria dell’aldilà

8 Giu

In una località della costiera amalfitana, su una mattonella di ceramica, c’è la seguente scritta: “Quando, dopo la mia morte, sarò in paradiso, per me sarà un giorno come un altro”.

Ciò che caratterizza questa frase non è la presunzione (ritenere di avere i “titoli” per andare in paradiso) ma l’indifferenza, per chi ha vissuto la propria vita in un paradiso reale, di “vivere”, da morto, in un paradiso immaginario.

Cosa potrebbe cambiare, infatti, per chi da vivo ha vissuto in un paradiso realmente esistente, se, da morto, dovesse “vivere” in un paradiso che esiste solo nella fantasia di qualcuno?

Non sarebbe forse una semplice continuazione?

Dov’è il guadagno, il premio?

Ho preso spunto da quella frase per una considerazione di carattere generale: nella vita quello che veramente conta è la quotidianità, quello che avviene nella gran parte dei giorni, non quello che capita in rare occasioni; la regola, non le eccezioni.

Che importanza ha, per esempio, mangiare e bere bene solo un paio di volte in un anno (tipicamente a Pasqua e a Natale) se poi nella stragrande maggioranza dei giorni si mangia e si beve male?

Che importanza ha trascorrere quindici giorni l’anno in un bel posto, a respirare aria pulita, se poi, per 350 giorni, si vive in un posto squallido, a respirare veleni?

Quello che conta è stare normalmente bene, essere abituati a vivere bene, essere normalmente circondati dalla bellezza, dalla pulizia.

Ovviamente, nel presupposto di essere consapevoli della bellezza, presupposto che esiste solo se si è in grado di riconoscerla, e di apprezzarla.

L’inferno e il paradiso esistono per davvero, solo che sono qui, nel mondo reale, in mezzo a noi, e non in un mondo che esiste solo nell’immaginazione.

Dare l’illusione che si possa “vivere”, da morti, in un paradiso immaginario serve solo a far accettare l’idea di vivere, da vivi, in un inferno reale.