Archivio | gennaio, 2020

Essere liberi è difficile. E costa.

16 Gen

Da anni il termine rete è comunemente associato alla tecnologia.

Internet è la rete per antonomasia.

La rete della quale parlo qui non è però quella informatica dei social, ma una molto più antica.

Mi riferisco alla rete di conoscenze, di ricatti, di favori.

Si tratta di una rete molto sottile, quasi invisibile, ma molto potente, una rete che protegge, una rete nella quale è coinvolta una grande quantità di persone (molto più numerosa di quanto non si creda).

Molti ci vivono in silenzio, molti altri non la vedono (perché non vogliono vederla), molti altri ancora ne negano persino l’esistenza.

Il successo di questa rete non è affatto casuale.

Lo conferma il fatto che non è mai scemato nel corso della Storia umana, e questo perché fa comodo a tanti: appartenere a questa rete procura tanti vantaggi.

Chi accetta di lasciarsene catturare vive bene: gli imprenditori ottengono vantaggiosi contratti (accanto a quelli che subiscono il ricatto della Mafia ce ne sono tanti altri che invece la cercano, attratti dalla sua capacità di assicurare protezione), i professionisti ottengono incarichi, non solo per sé, anche per i propri familiari.

Emanciparsi, decidere di vivere senza la protezione di questa rete, significa uscire allo scoperto, confrontarsi, e tutto questo costa (non solo in termini economici), soprattutto se non si è all’altezza del compito.

Vivere liberi (al di là della retorica sulla parola libertà) è molto più difficile che vivere schiavi.

Decidere di non muovere un dito per ottenere favori (così com’è giusto fare), significa, per esempio, non lamentarsi per non essere stati scelti per un incarico.

Scegliere di evitare le anticamere dei potenti, di non essere ai loro ordini, di non umiliarsi, significa scegliere di pagare certi prezzi.

La persona adulta, matura, non si lamenta per le conseguenze della sua libertà.

Come ha detto Epitteto, filosofo greco nato a Ierapoli (nell’attuale Turchia) intorno al 50 d.C., Chiunque ha volontà di essere libero, faccia di non appetire né fuggir mai cosa alcuna di quelle che sono in potestà d’altri; o che altrimenti gli bisognerà in ogni modo essere schiavo.

Semplice non significa affatto facile.

2 Gen

Solo chi ha studiato molto, solo chi è andato a fondo alle questioni, è capace di far apparire semplice ciò che in realtà è complesso.

Se però si giudica tutto in base all’apparenza, non solo non si vede la complessità che sta dietro quella non casuale semplicità ma, soprattutto, si ignora il lavoro che è stato fatto per giungere a quel risultato, grazie al quale è possibile mostrare in maniera semplice ciò che in realtà è complesso.

Esporre in maniera semplice un concetto complesso è qualcosa tutt’altro che semplice.

Solo chi conosce a fondo una materia può esprimerla in maniera semplice.

L’originalità di certi scrittori, per esempio, non sta certo nel fatto che abbiano trattato temi già affrontati in passato da altri autori ma nel fatto che siano stati capaci di combinare in maniera nuova, originale, le parole del vocabolario per esprimere in una nuova maniera, più chiara, più semplice, concetti già esposti in passato.

Il problema di fondo sta nel confondere la maniera semplice con la quale si espone un concetto complesso con la natura non semplice del significato che sta dietro quel concetto.

Un conto è infatti leggere scritti in cui vengono esposti in maniera semplice temi complessi, un altro è capire l’essenza di quei temi, che restano difficili da capire anche se esposti in forma semplice.

Cosa c’è di più semplice, nella forma, delle equazioni S=k logW e E=mc², così facili da imparare a memoria?